sabato 11 settembre 2010

Premio Carver


La giuria del Carver, contropremio dell'editoria italiana, presieduta da Andrea Giannasi rende note le cinquine dei libri finalisti all'edizione 2010.
Presente da otto anni il Carver non premia gli editori o i nomi degli autori, ma soltanto i libri. Dopo attenta lettura dei giurati - rigorosamente celati per evitare tirate di maniche - domenica 26 settembre a Civitavecchia presso la sala "Molinari" nella Cittadella della Musica alle ore 17, si conosceranno il libri vincitore di ogni sezione in gara: saggistica, narrativa e poesia.

Per l'edizione 2010 le cinquine sono così composte.

Per la narrativa:
Gente normale di Valentina Capecci (Marsilio)
Con l’insistenza di un richiamo di Francesco Randazzo (Lupo)
Storie liquide di Gianluca Pirozzi (Croce)
Il borgo d’oltremare di Francesco Amato (Mursia)
Johnny nuovo. Il ragazzo che non conosceva il mondo di Mauro Evangelisti (CartaCanta)

Per la saggistica:
Montelepre, il dopoguerra e i misteri di Giuliano di Salvatore Badalamenti (La Zisa)
Ma ci fu pietà. La banda della Magliana dal 1977 a oggi di Angela Camuso (Editori Riuniti)
Universi quasi paralleli. Dalla fantascienza alla guerriglia mediatica di Antonio Caronia (Cut-Up)
Teoria e pratica dell’omicidio seriale di Giuseppe Magnarapa e Daniela Pappa (Armando)
Con foglio di via. Storie di internamento in alta Valmarecchia 1940-1944 di Lidia Maggioli e Antonio Mazzoni (Società il Ponte Vecchio)

Per la poesia:

Salutami il mare di Carla De Angelis (Fara)
La spugna di Lella de Marchi (Raffaelli)
A che titolo di Brunella Bruschi (Morlacchi)
Situazione temporanea di Marco Saya (Puntoacapo)
Frammenti di un respiro passeggero di Salvatore Scuderi (Kimerik)

martedì 17 novembre 2009

Leggi con i Lupi

Recensione di 40parallelo.it 
(dedicato ai viaggiatori della notte)

Abbandonate l'idea del classico libro ricco di buoni propositi e banali insegnamenti morali. Immergetevi nell'atmosfera cupa e destabilizzante di questi sei racconti che entrano a buon diritto nel filone della letteratura pulp. Sei racconti di vite "irregolari", di omicidi, serial killer, di figli imperfetti di famiglie torbide. Niente buoni insegnamenti quindi, e niente vinti e vincitori ma tutti vittime, semmai, dell'insoddisfazione e di una vita che ci toglie troppo presto la capacità di sognare, di credere in noi stessi e quindi negli altri. Nello stile diretto, privo di orpelli, quasi crudele risulta evidente la volontà di non lasciare nulla all'immaginazione, favorendo l'idea di un racconto spietato come una fotografia.
Ci ricorda l'autore "che il bene si nutre di sangue, ed è naturale, persino ovvio che sia così."Forse in realtà il nostro modo di agire, il costringerci in una realtà pre-impostata che non ascolta le nostre passioni, non fa altro che fomentare una sorta di indifferenza verso un'idea di bene che si nutre del nostro stesso sangue. In fin dei conti se la bontà richiede impegno la cattiveria richiede coraggio e anche altruismo. D'altronde, come diceva Nietzsche, "la cattiveria è rara, la maggior parte degli uomini si occupa troppo di se stessa per essere malvagia".
Un libro a tinte forti, agghiacciante e coinvolgente. Consigliato a chi è stanco di leggere "di cuori mocciolosi nel tempo degli orrori".

martedì 1 settembre 2009

Recensione di Angelo Orlando Meloni su "Siracusa News"


LibriDine:
Racconti di un’Italia a Tinte Fosche, Peppe Fiore e Francesco Randazzo
di Angelo Orlando Meloni

(...)
Francesco Randazzo, giovane drammaturgo e regista siracusano attivo da tempo con la sua Compagnia degli Ostinati, è autore eclettico che gioca con le parole mischiando sacro e profano, e che con questa raccolta, intitolata Con l’insistenza di un richiamo, si è voluto calare in un delirio bianco rosso e verde a tratti bellamente pulp.
(...)

Leggi l'intero articolo su SIRACUSA NEWS

lunedì 27 luglio 2009

PICCOLA BOTTEGA DI QUOTIDIANI ORRORI


Recensione di Silla Hicks - Stefano Donno


Finalmente uno che ha letto Charles Michael "Chuck" Palahniuk, che l’ha studiato, anzi, è da credere. 110 pagine – 109 – che si leggono in mezz’ora, leggere nel loro terrificante disincanto, e benedette dal filo rosso dell’ironia. Avete presente Soffocare? C’è molto di Chuck, in questi raccontini che parlano di stupri, serial killer, pedofili ed estreme “second lives” come di cose quotidiane, normali, ormai parte del nostro habitat che s’è giocato ogni pudore e ogni valore, e sopravvive incosciente di se stesso. Ognuno è una piccola bomboniera – di tulle nero, è chiaro – che nasconde confetti avvelenati, ma deliziosi: il precario che esce a comprare l’ascia con cui dissezionare il cadavere della sua affittacamere e viene pestato sul raccordo da un lubrico vecchietto, il pedofilo disgustato da un’anziana checca che l’ammazzerebbe per pietà, l’extracomunitario massacrato nel sebac che s’identifica con gli escrementi attorno, l’Elettra moderna che vendica la madre morta di corna uccidendo il padre satiro e paraplegico con i piatti rotti, quello che resta della furia impotente della genitrice.
E poi la prof. obesa di filosofia che vive una vita virtuale hard e una reale di forzata astinenza (dopo la relazione con un prete, cui ha messo fine letteralmente a morsi), e soprattutto il monologo del serial killer sociologo, che ha ucciso 197 persone in 20 anni con precisione chirurgica, clone italico di Dexter, il racconto più lungo e più ispirato, quasi un testo teatrale, e difatti l’autore è regista e sceneggiatore, e si vede. In un mondo che va a rotoli, che convive con l’orrore su tutte le prime pagine e in tutti i TG, questo signore resta immune – e fieramente – dai “cuori mocciolosi” e dai lucchetti ai lampioni, e racconta ciò che vede proteggendosi con l’unica arma che l’intelligenza ha mentre dilaga il buio della mente, l’ironia vera, quella di Pirandello, che è via di fuga e alternativa alla follia. Non si può raccontare, questo libricino che davvero diverte, e insieme fa pensare senza importelo: bisogna leggerlo, e non è uno sforzo, perché, lo ripeto, è scritto con un lessico famigliare che non l’appesantisce oltre i 30 grammi di carta con cui è fatto, dimostrando che si può parlare di tutto usando le parole come tessere da colorare a piacere.
Come per le “Schegge” di Schifano, non è la dimensione che conta, ma la luce, la grana pastosa che t’ipnotizza davanti al fogliettino: sono solo schizzi, sì, ma fatti bene, infinitamente meglio di colossali tele imbrattate giusto per fare cassa.
Non m’esprimo sui lucchetti ai lampioni, io che porto le catene attorno al cuore e un cuore spezzato tatuato sopra il braccio, ma mai mi sognerei d’incatenarlo a qualcosa. Dico solo che ci ho provato, a leggere quei libri, e non sono arrivato oltre pagina quattro, mentre questo qui non volevo che finisse, e quando l’ho chiuso sono rimasto a rifletterci, in silenzio.
Indubbiamente è tosto, sì, ma non più di un ispirato Tarantino o di una performance di Orlan: è una secchiata d’acqua che ti sveglia, e no, non chiamatelo pulp, parola scagliata da Hank e abusata da tutti gli altri a seguire, soprattutto dopo la fiction di Wolf il risolutore e compagni.
Non chiamatelo pulp, perché pulp fa spesso rima con cool, e il cool questi racconti lo sbeffeggiano con l’acume concreto che ha chi non si fa abbagliare dai lustrini della civiltà dell’immagine, e riesce ancora a cogliere la vera natura delle cose: leggetelo, e basta.
E poi, cercate di credere che sia solo fantasia. Provateci, almeno. Se volete riuscire a dormire.


giovedì 16 luglio 2009

Recensione di Camillo Sanguedolce su "Storie 100X100"


Conosco l’autore da più di vent’anni come raffinato regista e autore teatrale e leggerlo in narrativa non è una sorpresa ma una conferma. La sua scrittura, sciolta e sicura di chi sa davvero scrivere, mi accompagna in un suo mondo più intimo – quello che spesso sulle tavole del palcoscenico non può raccontarsi – nel contempo assolutamente deflagrante: racconta persone che sono mostri, per se stessi, o solo perché percepiti come tali dagli altri che poi saremmo noi, co-autori dei loro delitti, co-responsabili della loro follia, co-protagonisti della loro scena, complici, vittime, carnefici.

Sei racconti, di cui cinque narrati in prima persona, di cui due con protagoniste femminili, di cui uno con una protagonista surreale e grottesca: la merda, che raccontandosi ci regala un amarissimo sorprendente finale. Ma l’ironia, il gusto per l’onirico, percorrono tutti i racconti mentre sullo sfondo rimane, disarticolato, il tema principale: la società, la nostra (dis)umanità.

E poiché questo libro non è il suo debutto letterario ma il mio debutto come suo lettore mi viene una fantasia che mi riporta alle origini della nostra conoscenza: i racconti in prima persona sono dei monologhi teatrali e ce ne sono un paio per i quali, ora, mi candido come interprete…


Storie 100X100 - Camillo Sanguedolce

mercoledì 1 luglio 2009

Recensione di Boris Borgato su "Mangialibri"

Emblema della precarietà e della brevità della vita, uno stronzo - sì, avete capito bene - penzolante dalle natiche di un extracomunitario chiuso nella latrina di un cantiere, trova il dono della parola grazie alla combinazione di agenti chimici e deodoranti presenti nel bagno: giusto il tempo di raccontarci un po’ di lui e fare due chiacchiere sulla teologia delle feci prima che precipiti e non ci sia più... Trentenne co.co.pro con contratto in dirittura d’arrivo e mancato rinnovo, decide di fare a pezzi il corpo dell’anziana vecchina con cui condivide l’appartamento per continuare a percepire la sua pensione: mentre si adopera per staccarle il cranio e metterlo a bollire in pentola, sceglie di indossare un paio di occhiali da sole che renda il tutto meno tragico e nauseante... Maniaco sessuale tormentato dai ricordi del passato cerca di liberarsi senza successo dalle sue memorie ed implora il castigo del carcere per annullarsi completamente...
Sei storielle simili a dolci favole per la buona notte da raccontare ad un nipotino, tanti sono i racconti racchiusi nell’opera Con l’insistenza di un richiamo, testo il cui assunto principale esprime in modo chiaro, anche se iperbolico e paradossale, la follia dei nostri tempi. Siracusano laureato all’Accademia nazionale d’arte drammatica, Randazzo (sito personale www.francescorandazzo.tk) è noto in Italia e all’estero come regista teatrale, impegno che tuttavia non prosciuga la vena artistica dell’autore, che da tempo si dedica alla scrittura con racconti, romanzi e sillogi poetiche. La raccolta edita dai tipi di Lupo conserva nel suo centinaio scarso di pagine brio e bollicine pulp pronte ad esplodere in faccia al lettore, il tutto condito da uno stile incisivo e scorrevole che non lascia molto spazio a fantasie e digressioni: ecco raffigurata in patinata e lucente presenza la strage di un presente storico privo di qualsiasi senso.

venerdì 19 giugno 2009

Recensione di MAURO MIRCI su ParolediSicilia.it


da Parole di Sicilia

I mostri

di Francesco Randazzo




di Mauro Mirci


Francesco Randazzo è uno scrittore che non mi delude mai. Sin da quando lessi il suo “Cronache di prodigiosi amori”, romanzo eroticomico ambientato nella Sicilia ottocentesca e condannato (spero solo ancora per poco) a essere goduto solo da pochi fortunati, mi sono formato la convinzione che avrei amato ogni cosa scritta da questo autore dal multiforme ingegno e dalle variegatissime capacità artistiche. Adesso che è uscito, per i tipi della giovanissima Lupo editore, il volumetto “Con l’insistenza di un richiamo“, la mia opinione è confermata, mentre cresce lo stupore nel constatare come Randazzo sappia cimentarsi, con risultati egregi, con forme narrative sempre diverse, passando dal romanzo grottesco (il già citato “Cronache di prodigiosi amori”, Lampi di stampa), al racconto brevissimo surreale (”Papier mais”, Fara editore), al testo teatrale granguignolesco (”Otello il Nivuro di Mazzaria”, Bulzoni). Adesso questi sei racconti contenuti in “Con l’insistenza di un richiamo” ci rendono conto della sua capacità di confrontarsi con una quotidianità passata al vaglio di una personalissima sensibilità. Sono storie nelle quali la cifra stilistica di Randazzo è ben riconoscibile, ma dove il surreale che tanto gli è caro trova poco spazio, tranne che in “Other life” (il riferimento a Second life, direi, è esplicito). Il libro apre ampi orizzonti su una lettura ultra realistica della Roma di oggi. Randazzo popola i suoi racconti di mostri. Mostri tanto tangibili, però, da instillare paura autentica nel lettore, se solo questi saprà riconoscere nei personaggi altri mostri, quelli che popolano non la narrativa, bensì le pagine della cronaca nera. Questa la sorgente dalla quale l’autore attinge le sue storie, oltre che dalla sua evidente capacità di immedesimarsi nei mostri suddetti, di riprodurre i percorsi tortuosi del loro pensiero per diventare egli stesso “mostro” ed esporre in maniera convincente il punto di vista dell’emarginato, del sadico, dell’assassino seriale. Fa un po’ paura, a dire la verità, immaginare che questo signore dall’aspetto inoffensivo, che ama mostrarsi mentre fuma la pipa, contenga dentro di se (in germe, certo, solo potenzialmente, e all’unico scopo di gettarle poi su una pagina), identità tanto diverse e tanto paurose.
Roma dunque, ma potrebbe essere una qualsiasi città metropolitana, luogo orrorifico per vocazione e fucina ideale per mostri veri e inventati. Nei racconti di Randazzo c’è il rendiconto impietoso di una società decadente, votata all’implosione e alla violenza gratuita, nella quale ogni conflitto è radicalizzato, ogni sentimento è ridotto a semplice istinto di sopravvivenza. Il mondo di Randazzo è crudele e sanguigno, privo di ogni compassione. E i deboli sono ridotti davanti a due sole scelte: soccombere oppure reagire riversando su altri la violenza subita.
Come tutte le buone narrazioni, anche quelle di “Con l’insistenza di un richiamo” sono stratificate. Come detto Randazzo s’ispira decisamente al reale, c’è molta denunzia sociale, ma anche la voglia di intrattenere il lettore, almeno quello vocato alle tematiche splatter/pulp. A fare da collante, una prosa lineare e decisa, senza sperimentalismi e infioriture, molto diversa da quella di altre opere, eppure ugualmente efficace ed evocativa.