lunedì 27 luglio 2009

PICCOLA BOTTEGA DI QUOTIDIANI ORRORI


Recensione di Silla Hicks - Stefano Donno


Finalmente uno che ha letto Charles Michael "Chuck" Palahniuk, che l’ha studiato, anzi, è da credere. 110 pagine – 109 – che si leggono in mezz’ora, leggere nel loro terrificante disincanto, e benedette dal filo rosso dell’ironia. Avete presente Soffocare? C’è molto di Chuck, in questi raccontini che parlano di stupri, serial killer, pedofili ed estreme “second lives” come di cose quotidiane, normali, ormai parte del nostro habitat che s’è giocato ogni pudore e ogni valore, e sopravvive incosciente di se stesso. Ognuno è una piccola bomboniera – di tulle nero, è chiaro – che nasconde confetti avvelenati, ma deliziosi: il precario che esce a comprare l’ascia con cui dissezionare il cadavere della sua affittacamere e viene pestato sul raccordo da un lubrico vecchietto, il pedofilo disgustato da un’anziana checca che l’ammazzerebbe per pietà, l’extracomunitario massacrato nel sebac che s’identifica con gli escrementi attorno, l’Elettra moderna che vendica la madre morta di corna uccidendo il padre satiro e paraplegico con i piatti rotti, quello che resta della furia impotente della genitrice.
E poi la prof. obesa di filosofia che vive una vita virtuale hard e una reale di forzata astinenza (dopo la relazione con un prete, cui ha messo fine letteralmente a morsi), e soprattutto il monologo del serial killer sociologo, che ha ucciso 197 persone in 20 anni con precisione chirurgica, clone italico di Dexter, il racconto più lungo e più ispirato, quasi un testo teatrale, e difatti l’autore è regista e sceneggiatore, e si vede. In un mondo che va a rotoli, che convive con l’orrore su tutte le prime pagine e in tutti i TG, questo signore resta immune – e fieramente – dai “cuori mocciolosi” e dai lucchetti ai lampioni, e racconta ciò che vede proteggendosi con l’unica arma che l’intelligenza ha mentre dilaga il buio della mente, l’ironia vera, quella di Pirandello, che è via di fuga e alternativa alla follia. Non si può raccontare, questo libricino che davvero diverte, e insieme fa pensare senza importelo: bisogna leggerlo, e non è uno sforzo, perché, lo ripeto, è scritto con un lessico famigliare che non l’appesantisce oltre i 30 grammi di carta con cui è fatto, dimostrando che si può parlare di tutto usando le parole come tessere da colorare a piacere.
Come per le “Schegge” di Schifano, non è la dimensione che conta, ma la luce, la grana pastosa che t’ipnotizza davanti al fogliettino: sono solo schizzi, sì, ma fatti bene, infinitamente meglio di colossali tele imbrattate giusto per fare cassa.
Non m’esprimo sui lucchetti ai lampioni, io che porto le catene attorno al cuore e un cuore spezzato tatuato sopra il braccio, ma mai mi sognerei d’incatenarlo a qualcosa. Dico solo che ci ho provato, a leggere quei libri, e non sono arrivato oltre pagina quattro, mentre questo qui non volevo che finisse, e quando l’ho chiuso sono rimasto a rifletterci, in silenzio.
Indubbiamente è tosto, sì, ma non più di un ispirato Tarantino o di una performance di Orlan: è una secchiata d’acqua che ti sveglia, e no, non chiamatelo pulp, parola scagliata da Hank e abusata da tutti gli altri a seguire, soprattutto dopo la fiction di Wolf il risolutore e compagni.
Non chiamatelo pulp, perché pulp fa spesso rima con cool, e il cool questi racconti lo sbeffeggiano con l’acume concreto che ha chi non si fa abbagliare dai lustrini della civiltà dell’immagine, e riesce ancora a cogliere la vera natura delle cose: leggetelo, e basta.
E poi, cercate di credere che sia solo fantasia. Provateci, almeno. Se volete riuscire a dormire.


giovedì 16 luglio 2009

Recensione di Camillo Sanguedolce su "Storie 100X100"


Conosco l’autore da più di vent’anni come raffinato regista e autore teatrale e leggerlo in narrativa non è una sorpresa ma una conferma. La sua scrittura, sciolta e sicura di chi sa davvero scrivere, mi accompagna in un suo mondo più intimo – quello che spesso sulle tavole del palcoscenico non può raccontarsi – nel contempo assolutamente deflagrante: racconta persone che sono mostri, per se stessi, o solo perché percepiti come tali dagli altri che poi saremmo noi, co-autori dei loro delitti, co-responsabili della loro follia, co-protagonisti della loro scena, complici, vittime, carnefici.

Sei racconti, di cui cinque narrati in prima persona, di cui due con protagoniste femminili, di cui uno con una protagonista surreale e grottesca: la merda, che raccontandosi ci regala un amarissimo sorprendente finale. Ma l’ironia, il gusto per l’onirico, percorrono tutti i racconti mentre sullo sfondo rimane, disarticolato, il tema principale: la società, la nostra (dis)umanità.

E poiché questo libro non è il suo debutto letterario ma il mio debutto come suo lettore mi viene una fantasia che mi riporta alle origini della nostra conoscenza: i racconti in prima persona sono dei monologhi teatrali e ce ne sono un paio per i quali, ora, mi candido come interprete…


Storie 100X100 - Camillo Sanguedolce

mercoledì 1 luglio 2009

Recensione di Boris Borgato su "Mangialibri"

Emblema della precarietà e della brevità della vita, uno stronzo - sì, avete capito bene - penzolante dalle natiche di un extracomunitario chiuso nella latrina di un cantiere, trova il dono della parola grazie alla combinazione di agenti chimici e deodoranti presenti nel bagno: giusto il tempo di raccontarci un po’ di lui e fare due chiacchiere sulla teologia delle feci prima che precipiti e non ci sia più... Trentenne co.co.pro con contratto in dirittura d’arrivo e mancato rinnovo, decide di fare a pezzi il corpo dell’anziana vecchina con cui condivide l’appartamento per continuare a percepire la sua pensione: mentre si adopera per staccarle il cranio e metterlo a bollire in pentola, sceglie di indossare un paio di occhiali da sole che renda il tutto meno tragico e nauseante... Maniaco sessuale tormentato dai ricordi del passato cerca di liberarsi senza successo dalle sue memorie ed implora il castigo del carcere per annullarsi completamente...
Sei storielle simili a dolci favole per la buona notte da raccontare ad un nipotino, tanti sono i racconti racchiusi nell’opera Con l’insistenza di un richiamo, testo il cui assunto principale esprime in modo chiaro, anche se iperbolico e paradossale, la follia dei nostri tempi. Siracusano laureato all’Accademia nazionale d’arte drammatica, Randazzo (sito personale www.francescorandazzo.tk) è noto in Italia e all’estero come regista teatrale, impegno che tuttavia non prosciuga la vena artistica dell’autore, che da tempo si dedica alla scrittura con racconti, romanzi e sillogi poetiche. La raccolta edita dai tipi di Lupo conserva nel suo centinaio scarso di pagine brio e bollicine pulp pronte ad esplodere in faccia al lettore, il tutto condito da uno stile incisivo e scorrevole che non lascia molto spazio a fantasie e digressioni: ecco raffigurata in patinata e lucente presenza la strage di un presente storico privo di qualsiasi senso.