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[libri con qualcosa di speciale dentro]
[libri con qualcosa di speciale dentro]
recensione di Giancarlo Montalbini
Sei storie di solitudine, violente, che colpiscono all'improvviso come un pugno alla bocca dello stomaco, i protagonisti che vivono la loro alienazione nella ossessiva ripetitività di gesti senza senso e senza soluzione. Solo in un paio di racconti c'è un accenno di critica sociale, per il resto è la fotografia in bianco e nero, senza ombre e senza mezzi toni, di una umanità disperata che ha smarrito il senso dell'esistere.
Con l'insistenza di un richiamo: Come in un incubo
No, no. Non lo voglio un avvocato. Sono venuto di mia spontanea volontà. Non voglio nemmeno un processo. Mettetemi in una cella e buttate via la chiave. Una cella vuota. Mi devo svuotare anch'io. Fatemi diventare una pietra. Poi frantumatemi.
I racconti che Francesco Randazzo regala con questo libro sono spietati, cinici e senza speranza. Nessuna uscita di sicurezza, nessuna via di fuga viene offerta ai protagonisti, e nemmeno ai lettori.
Certo, noi potremmo chiudere il libro, ma queste storie prendono anche se alla fine lasciano l'amaro in bocca.
E man mano che la lettura procede monta il disagio, come se ci trovassimo davanti ad uno specchio che ci rimanda un'immagine di noi stessi che non conoscevamo, e che non ci piace.
E' forte la tentazione di chiudere gli occhi e di far finta che la realtà sia diversa, che noi siamo diversi.
"Facciamo finta che tutto va ben... tutto va ben./ Che il cielo sia costantemente azzurro./ Che il sole spenda sempre allegramente./ Che tutto quanto sia sempre sereno./ Ruscelli, prati verdi ... e arcobaleno".
No, Francesco Randazzo questa canzoncina non la conosce, e comunque la sua è una scelta diversa, come dice chiaramente nella quarta di copertina in una epigrafica dichiarazione di intenti: "Cosa pretendevate? Che scrivessi di cuori mocciolosi nel tempo degli orrori?"
Forse è vero. Forse viviamo davvero nel tempo degli orrori, e allora è bene che gli spot pubblicitari pieni di famiglie felici, coppie unite e sorridenti, lascino il posto a questi racconti allucinati, un po' surreali e un po' iperrealistici.
Scorrendo le pagine di Con l'insistenza di un richiamo sembra quasi di vedere il mondo - non tutto, solo il suo lato oscuro - attraverso una lente di ingrandimento che ingigantisce i particolari trasformandosi in una lente deformante.
Senza rendercene conto ci troviamo precipitati in un mondo di mostri che stranamente assomigliano al vicino di casa, all'inquilina del piano di sotto.
Lei da anni rompe i piatti, a centinaia, e poi con scrupolo raccoglie i cocci in scatoloni che finiscono accatastati in bell'ordine in cantina. Sono i frammenti dolorosi di un'esistenza spezzata, frantumata, come dire che la vita è tutta lì, non resta altro.
Nonostante tutto però io rifiuto di credere che sia davvero così. Forse un senso a priori non c'è, ma siamo noi che dobbiamo trovarlo, e non è un impegno da poco.
Vai al sito della rivista, clicca qui.
Con l'insistenza di un richiamo: Come in un incubo
No, no. Non lo voglio un avvocato. Sono venuto di mia spontanea volontà. Non voglio nemmeno un processo. Mettetemi in una cella e buttate via la chiave. Una cella vuota. Mi devo svuotare anch'io. Fatemi diventare una pietra. Poi frantumatemi.
I racconti che Francesco Randazzo regala con questo libro sono spietati, cinici e senza speranza. Nessuna uscita di sicurezza, nessuna via di fuga viene offerta ai protagonisti, e nemmeno ai lettori.
Certo, noi potremmo chiudere il libro, ma queste storie prendono anche se alla fine lasciano l'amaro in bocca.
E man mano che la lettura procede monta il disagio, come se ci trovassimo davanti ad uno specchio che ci rimanda un'immagine di noi stessi che non conoscevamo, e che non ci piace.
E' forte la tentazione di chiudere gli occhi e di far finta che la realtà sia diversa, che noi siamo diversi.
"Facciamo finta che tutto va ben... tutto va ben./ Che il cielo sia costantemente azzurro./ Che il sole spenda sempre allegramente./ Che tutto quanto sia sempre sereno./ Ruscelli, prati verdi ... e arcobaleno".
No, Francesco Randazzo questa canzoncina non la conosce, e comunque la sua è una scelta diversa, come dice chiaramente nella quarta di copertina in una epigrafica dichiarazione di intenti: "Cosa pretendevate? Che scrivessi di cuori mocciolosi nel tempo degli orrori?"
Forse è vero. Forse viviamo davvero nel tempo degli orrori, e allora è bene che gli spot pubblicitari pieni di famiglie felici, coppie unite e sorridenti, lascino il posto a questi racconti allucinati, un po' surreali e un po' iperrealistici.
Scorrendo le pagine di Con l'insistenza di un richiamo sembra quasi di vedere il mondo - non tutto, solo il suo lato oscuro - attraverso una lente di ingrandimento che ingigantisce i particolari trasformandosi in una lente deformante.
Senza rendercene conto ci troviamo precipitati in un mondo di mostri che stranamente assomigliano al vicino di casa, all'inquilina del piano di sotto.
Lei da anni rompe i piatti, a centinaia, e poi con scrupolo raccoglie i cocci in scatoloni che finiscono accatastati in bell'ordine in cantina. Sono i frammenti dolorosi di un'esistenza spezzata, frantumata, come dire che la vita è tutta lì, non resta altro.
Nonostante tutto però io rifiuto di credere che sia davvero così. Forse un senso a priori non c'è, ma siamo noi che dobbiamo trovarlo, e non è un impegno da poco.
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